Articolo a cura di Landoni Alessandro
Introduzione
La stagione NBA volge oramai al termine, OKC e Indiana hanno staccato ufficialmente il biglietto per competere nelle Finals, entrambe le franchigie fanno leva su un core giovane costruito negli ultimi anni e questo gli permette di tenere sotto controllo il monte ingaggi: per la prima volta nella storia della NBA entrambe le finaliste non pagheranno la Luxury Tax, imposta obbligatoria per chi supera il tetto salariale del roster per tre stagioni consecutive. Questo dato premia ampiamente il management delle due squadre, che sono riuscite a costruire rose estremamente competitive senza spendere una fortuna in free agency.
Cos’è la Luxury Tax
La Luxury Tax è un’imposta particolarmente salata che viene assegnata ad una società NBA quando il Front Office della stessa supera per tre stagioni consecutive il Salary Cap imposto dalla lega. La soglia di superamento del Cap è detta Luxury Tax Line e prevede il pagamento di una somma di denaro per ogni dollaro oltre il tetto massimo consentito.
In parole povere la Luxury Tax è una multa che le squadre che sforano il tetto salariale sono obbligate a pagare, più si sfora il tetto salariale più questa sarà costosa. La maggior parte delle franchigie non si fanno tuttavia problemi a pagare questa imposta pur di raggiungere l’obiettivo del titolo e anzi, di fatto nella storia recente di questa competizione il pagamento della Luxury Tax è quasi un prerequisito per la creazione di un roster che può arrivare in fondo e sperare di fare la storia aggiudicandosi il Larry O’Brien Trophy.
OKC contro Indiana: le prime Finals senza Luxury
Le Finals di quest’anno devono ancora iniziare, tuttavia già sappiamo chi sono le due franchigie che si daranno battaglia: gli Oklahoma City Thunder e gli Indiana Pacers. Entrambe le squadre non sono esattamente solite a palcoscenici di questo livello: se l’ultima, e unica, apparizione dei Thunder alle Finals risale a 13 anni fa, per i Pacers dobbiamo tornare indietro di un quarto secolo. Entrambe le piazze, infatti, non sono centrali nella geografia cestistica americana, ma hanno saputo costruire roster equilibrati e profondi, affidandosi al draft e a poche acquisizioni estremamente mirate per colmare le lacune dimostrate nei Playoff dell’anno scorso, il tutto nel modo più efficiente possibile e senza pagare neanche un dollaro di multa. IL fatto che per la prima volta nella storia dell’NBA nessuna delle due finaliste pagherà la Luxury Tax non è assolutamente da sottovalutare: è infatti dimostrazione che grazie ad un management mirato e un sistema di player development esperto è possibile sopperire allo svantaggio delle franchigie meno iconiche e appetibili per le superstar.
Conclusione
Le Finals NBA di quest’anno si prospettano entusiasmanti e al di là del risultato coronano due squadre e società che hanno saputo rifondarsi in maniera sostenibile, costruendo gruppi coesi e funzionali senza dover compromettere il futuro della franchigia. Questa è l’ennesima dimostrazione vista negli ultimi anni nel mondo sportivo, basti vedere il trionfo dell’Atalanta la passata stagione in Europa League, che non bastano ampi investimenti per raggiungere dei titoli, il progetto e il management della società e della squadra sono altrettanto importanti.