News a cura di Elisabetta Valentina Salvi
Con un’operazione da oltre 53 milioni di euro la storica azienda italiana passa ufficialmente in mano ai “cinesi” di Nuo Capital, impresa lussemburghese in mano a Pao Chengs, firmando i contratti per l’acquisto del 78,5% delle azioni di Bialetti, il cui closing è previsto entro la fine di giugno.
La notizia era nell’aria, quasi obbligata: Bialetti nel 2018 ha affrontato una situazione di tensione finanziaria e patrimoniale, a causa delle avverse condizioni del mercato di riferimento, degli elevati investimenti sostenuti in relazione all’apertura di un significativo numero di punti vendita e della bassa (o addirittura negativa) profittabilità. Il fondo Och-Ziff Capital Investments (ora diventato Sculptor Capital Management) finanziò un bond senior quinquennale da 35,8 milioni di euro e in cambio ottenne anche il pegno del marchio Bialetti.
L’accordo prevedeva la possibilità di richiedere un’ulteriore linea di credito da 10 milioni, che fu fondamentale dopo la crisi causata dal Covid: Illimity nel 2021 la concesse, avendo in cambio le stesse condizioni garantite a Sculptor (compresa l’ipoteca sul marchio). La prima scadenza del bond era fissata per il 28 novembre 2024, ma Bialetti Industrie, una manciata di settimane prima (il 12 novembre), l’ha spostata a fine aprile (più avanti di cinque mesi).
L’acquisto di Bialetti rappresenta l’ennesima dimostrazione della profonda trasformazione che il “Made in Italy” sta vivendo negli ultimi anni, spesso con risultati preoccupanti.
Mentre i consumatori italiani continuano a manifestare un crescente interesse per l’acquisto di prodotti locali, tale marchio iconico del “Made in Italy” sta affrontando sfide significative per mantenere la sua identità. Bisogna inoltre considerare che la globalizzazione non sta aiutando la crescita delle piccole e medie imprese italiane, ormai non più in grado di rimanere al passo con i ritmi delle multinazionali.
Le aziende italiane, note per la loro qualità artigianale, lottano per mantenere la loro propria posizione di fronte ai giganti globali. Ma per proteggere il Made in Italy, è necessario che le aziende si innovino, rispettando le loro proprie radici culturali e continuando a garantire che il marchio venga associato ai valori di autenticità e soprattutto di eccellenza.