Articolo a cura di Landoni Alessandro
INTRODUZIONE
I club di Premier League, il campionato calcistico inglese per i meno navigati, si sono recentemente espressi tramite votazione per quanto riguarda l’introduzione del salary cap, espediente finanziario già in uso in diversi sport che punta a limitare la quantità di denaro che ogni squadra può destinare agli stipendi, ridimensionando le cifre folli che abbiamo visto negli ultimi anni e rendendo, almeno teoricamente, più democratico il campionato.
Ma come funziona di preciso questo sistema? Riuscirà davvero a fermare i grandi club dall’offrire stipendi faraonici o rimarrà una regola di facciata, facilmente aggirabile tramite qualche operazione di bilancio? E ancora, quali sono le posizioni e i relativi voti dei club?
IL QUADRO DELLE VOTAZIONI RACCONTA UNA STORIA
Le votazioni tenutesi recentemente hanno garantito un quadro piuttosto chiaro, che racconta di un generale consenso per la nuova regola, rotto solamente da quattro squadre che, non ci sorprende, sono tra le potenze economiche più rilevanti del campionato: oltre al rinato Aston Villa, che ha appena staccato un biglietto per la prossima Champions League, la prima dal 1983 per il club di Birmingham, anche le 2 cugine di Manchester, City e United, hanno espresso un voto negativo per quanto riguarda l’introduzione del salary cap, discorso diverso per il Chelsea che ha deciso di astenersi. La storia che questa preliminare approvazione ci racconta è chiara, e francamente anche abbastanza scontata, a votare contro ( o ad astenersi ) sono solamente squadre con un potenziale economico virtualmente illimitato, che si vedrebbero obbligate dal salary cap a investire con più criterio e perderebbero parte del loro vantaggio sulla concorrenza. Fanno piacere e sorprendono in questo senso i voti a favore di colossi come Arsenal e Liverpool, ma anche del Newcastle di proprietà saudita. Prevedibili invece i voti favorevoli delle compagini più piccole, che sarebbero intaccate limitatamente dalla nuova regola.
FUNZIONAMENTO DEL SALARY CAP, SI GUARDA IN NBA PER LA LUXURY TAX?
Come già accennato in precedenza, il salary cap è una regola che viene già applicata da anni in moltissimi sport, soprattutto in Nord America. Fanno da esempio la NHL, l’MLB e in particolare l’NBA da cui la Premier sembra voler prendere spunto. La lega cestistica più seguita al mondo prevede un modello particolare di salary cap, viziato in particolare dalla luxury tax, uno schema che permette di superare il limite di stipendi introdotto, ma alla condizione di pagare una tassa, il cui importo viene calcolato sulla base della differenza tra il cap e il monte stipendi effettivamente pagato, il quale quasi sempre ammonta a un bel gruzzolo a otto cifre. La particolarità della luxury tax risiede nell’uso che viene fatto di questa tassa: solo per metà finisce nelle tasche della lega mentre il resto della somma raccolta viene distribuita tra le società che hanno rispettato il salary cap, premiando così le squadre “virtuose”. Per quanto bello possa sembrare su carta, questo modello si è più volte rivelato fallato e non è riuscito a porre un freno alle ingenti spese delle società economicamente più potenti. Esempio lampante sono i Los Angeles Lakers e i Golden State Warriors, due franchigie californiane che per anni hanno di gran lunga ecceduto il cap senza risentirne particolarmente, visto il loro potere economico, assicurandosi svariati titoli nel mentre. Sarà quindi in grado la Premier di prendere il meglio del sistema NBA, limitando le spese folli delle big?
CAP IN PREMIER, COSA SI VOCIFERA E COSA MANCA PER L’APPROVAZIONE
Sono molte le voci che si sono susseguite per la modalità di calcolo del cap in Premier. L’idea che sembra essersi imposta come più probabile prevede che il tetto agli ingaggi per ogni stagione venga calcolato applicando un moltiplicatore fisso ai ricavi televisivi della squadra che ne ottiene meno. Il moltiplicatore non è ancora stato deciso ma si parla un numero tra il 4.5 e il 5; ipoteticamente, questo significa che: se la squadra con i ricavi televisivi più bassi del campionato ottenesse 100 milioni per la vendita di quest’ultimi, il salary cap dovrebbe aggirarsi intorno ai 450-500 milioni di sterline, il quale dovrebbe coprire non solo gli stipendi dei giocatori, ma anche gli ammortamenti e i pagamenti dei vari agenti.
Per inquadrare meglio la cifra forniamo un esempio concreto. Nella stagione 2022/2023 i ricavi televisivi più bassi, appartenenti al Southampton, ammontavano a 103,6 milioni, prendendo 5 come moltiplicatore il cap sarebbe di 518 milioni circa, somma elevata che solamente il Chelsea al momento eccederebbe, con un monte stipendi di 540 milioni.
A questo punto la palla passa all’ Assemblea Generale Annuale della Premier League, che a giugno si esprimerà per quanto riguarda gli ultimi dettagli e l’eventuale definitiva approvazione della regola, catapultandoci potenzialmente in una nuova era del calcio inglese.
CONCLUSIONI
In questo preciso momento l’approvazione del salary cap sembra probabile, non ci sono infatti indizi che possano portare a pensare che la riunione di giugno debba ribaltare le sorti della nuova regola. Quelle che di fatto dovranno divenire più chiare sono le intenzioni della Premier League; infatti se da un lato il cap sembra un espediente che strizza l’occhio alle piccole realtà, fornendogli un’arma in più con cui combattere il predominio economico dei big clubs, dall’altra l’introduzione della luxury tax, sulla falsariga del modello NBA, può lasciare dei dubbi: la paura è che la lega inglese voglia sfruttare questo nuovo assetto regolamentare per assicurarsi delle entrate facili, andando a pescare dalle profondissime tasche delle proprietà di punta del campionato, le quali saranno infatti probabilmente disposte a pagare la tassa pur di rimanere agli apici della classifica. La differenza tra questi due scenari sarà dettata dal definitivo ammontare del moltiplicatore, che al momento sembra troppo alto per impensierire veramente le società (Chelesa a parte) e dalla gestione della luxury tax, di come sarebbe riscossa ed eventualmente ridistribuita. Quello che resta sicuro è che la Premier, ancora una volta, rivoluziona il panorama calcistico, dandoci un nuovo modo di analizzare questo sport, anche da un punto di vista finanziario.
FONTI: http://transfermarkt.it , http://calcioefinanza.it , http://dunkest.it