News a cura di Enrico Sprovieri
La Francia ha riportato al centro del dibattito europeo la proposta di creare gli Eurobond, strumenti di debito condiviso tra gli Stati dell’Unione. L’obiettivo è ambizioso: finanziare in modo unitario progetti strategici su scala continentale e consolidare la rilevanza dell’euro nei mercati globali. In un’epoca segnata da incertezze economiche e da crescenti pressioni geopolitiche, l’introduzione di un titolo sovranazionale potrebbe rappresentare una svolta strutturale per l’architettura finanziaria dell’Unione.
Il sostegno di personalità come Christine Lagarde e Kristalina Georgieva conferisce peso alla proposta, vista da molti come un’estensione naturale delle politiche adottate durante la crisi pandemica. L’euro, pur essendo la seconda valuta mondiale, soffre ancora di una scarsa disponibilità di asset considerati “sicuri” a livello internazionale. Un titolo garantito collettivamente da più Stati europei potrebbe colmare questa lacuna, rendendo l’eurozona più attrattiva per investitori istituzionali e fondi sovrani.
Non mancano però le opposizioni: alcuni Paesi del Nord Europa temono che un debito comune possa tradursi in una condivisione dei rischi non equamente bilanciata. Il timore è che, senza vincoli stringenti, si creino squilibri fiscali difficili da gestire. Queste preoccupazioni alimentano il dibattito interno sull’opportunità e sulla sostenibilità di un simile passo verso l’integrazione fiscale.
Ciononostante, la proposta francese segna un punto di partenza importante. Gli Eurobond non sono solo una questione tecnica di finanza pubblica, ma anche un simbolo politico: rappresentano la possibilità di dotare l’Unione Europea di una voce unica sui mercati, rafforzandone autonomia e coesione. La loro attuazione richiederebbe volontà comune, compromessi e una visione a lungo termine, ma il potenziale impatto sistemico potrebbe valerne il costo.