BIG FUNDS: I GIGANTI DEL CALCIO

Articolo a cura di Landoni Alessandro

INTRODUZIONE

Il mondo dello sport, e più in generale del calcio, si sa, è fatto di colpi di scena, ribaltamenti, e questo non solo sul campo ma anche a livello societario. Sono poche infatti le squadre di alto profilo del calcio internazionale che possono vantare proprietari, amministratori, e più in generale strutture societarie veramente solide, cementate nel tempo come lo sono negli organigrammi. In tempi recenti sembra sempre che la cessione, totale o parziale, di un top club possa avvenire in qualsiasi momento, alimentata da chissà quale scandalo legato a squadra, proprietà o, ancora meglio, da un’irrinunciabile offerta di qualche gigante finanziario, che mira agli esorbitanti profitti generati dal calcio moderno.

Ma di chi stiamo parlando di preciso? Chi sono gli artefici di questa trasformazione che ha reso le società sportive più grandi del mondo semplici asset da collezionare nel proprio portfolio?

BIG FUNDS, CHI SONO E COSA FANNO

Il termine big funds indica, come facilmente intuibile, i grandi fondi di investimento finanziari, che puntano ad acquisire ampie partecipazioni delle più rinomate società, sportive e non, in circolazione, con il conclamato scopo di trarne un profitto, tramite gli utili e gli eventuali aumenti di valore delle quote. In anni recenti l’attenzione che questi fondi hanno rivolto alle società sportive, in particolare calcistiche, è cresciuta in maniera esponenziale. Questo fenomeno è certamente dovuto alla crescente attrattiva che il calcio offre, sospinto dalla digitalizzazione e dal marketing mirato delle società, e ha portato diversi fondi a spingersi oltre la semplice partecipazione minoritaria, aprendo le porte a scenari nei quali non è difficile trovare diversi club in campionati top che condividono lo stesso fondo come proprietario di maggioranza, e che sfruttano la loro posizione per ottenere un vantaggio sulla concorrenza.

CITY GROUP E RED BULL, I GRANDI DEL CALCIO

Quando parliamo di grandi fondi nel calcio è difficile non ricondurre il discorso all’azienda che ha preso il comando della pubblicità sportiva per far esplodere il proprio brand. La Red Bull, che di fatto vende energy drink, sembra essere conosciuta per le partecipazioni in società ed eventi sportivi, più che per i suoi prodotti. L’ azienda austriaca è stata un vero e proprio precursore in questo campo, riuscendo a creare un impero che spande dalla formula 1, passando per l’e-sport e arrivando fino agli sport estremi come il downhill. Il calcio ovviamente non poteva mancare. Nello sport più seguito al mondo la Red Bull detiene il controllo di diverse importanti società, tra le quali citiamo il Red Bull Lipsia, stabilmente nelle zone alte del campionato tedesco e nelle fasi finali della Champions League, il Red Bull Salisburgo, che ha di fatto monopolizzato il campionato austriaco e ad oggi è in pole position per assicurarsi l’ultimo posto disponibile al nuovo mondiale per club, e ancora il Red Bull New York e il Red Bull Bragantino, militanti rispettivamente nella prima serie di USA  e Brasile. Il gruppo austriaco, insomma, non se la passa male e anzi, gli incoraggianti risultati ottenuti hanno spinto altri ad imitarli, primo su tutti il City Football Group. Questo fondo di investimento vanta come fiore all’occhiello il Manchester City, fresco di triplete e che dubito abbia bisogno di ulteriori introduzioni, oltre ad altre undici squadre dislocate in tutto il globo. Tra queste le più importanti sono il Troyes, squadra francese storica attualmente in Ligue 2, il nostrano Palermo, rilevato 2 anni fa e attualmente in Serie B e soprattutto la squadra rivelazione di questa Liga, il Girona, club catalano che ha ottenuto la prima storica promozione in Liga nel 2017 ed è stato immediatamente rilevato dal fondo, ritrovandosi ora con un posto Champions quasi assicurato dopo una stagione monstre.

Questi agglomerati di club sparsi per il mondo hanno, sia per il City Football Group che per Red Bull, un’importanza vitale. I club vengono gestiti in sincronia e possono disporre di un considerevole vantaggio competitivo nei confronti delle società che mantengono una proprietà tradizionale, in particolare tramite scambi, prestiti e cessioni di giocatori tra club dello stesso gruppo. Queste operazioni assicurano tre vantaggi in particolare: facilitare la crescita dei giovani in contesti adeguati tramite i prestiti, ottenere cessioni di giocatori a prezzi favorevoli e, soprattutto, mettere in atto operazioni mirate che permettano di eludere le regolamentazioni finanziarie delle varie leghe calcistiche. Un esempio lampante di queste pratiche è la cessione di Savio, talento brasiliano del Girona che sarà girato al Manchester City per 30 milioni di euro, cifra irrisoria se si pensa che è valutato 40 milioni da Transfermarket, e che giocatori con quotazioni e caratteristiche simili sono stati venduti nelle ultime sessioni di mercato per quantità di denaro esorbitanti, tra gli 80 e i 100 milioni, come Antony e Mudryk.

NUOVO BUSINESS MODEL O CONCORRENZA SLEALE?

Alla luce dei vantaggi e del controllo che i Big Funds posseggono in ambito calcistico, come possiamo valutare il loro operato?

I grandi fondi di investimento stanno trasformando definitivamente il calcio, che da sport inizia a prendere sempre più le sembianze di un semplice business, e se è vero che le due cose possono convivere non sembra questo il caso, in un processo di integrazione verticale che mira a racchiudere i diversi stadi di produzione dei calciatori in una singola azienda, trattandoli come prodotti, spesso perdendo quello che i tifosi amavano di più: il senso di appartenenza, l’amore per la maglia e l’obiettivo definitivo di ogni club, vincere. Non sono state poche le proteste dei fan, che da un giorno all’altro vedono la loro squadra del cuore ceduta e rimpiazzata, cambiare maglia, colori e persino nome, come previsto dal modello Red Bull, che acquista e fa tabula rasa, distruggendo memorie e fedi decennali; altri casi hanno invece previsto che la neo squadra del gruppo venisse relegata ad essere un fanalino di coda, una semplice tappa per i calciatori più promettenti, una fucina di talenti che saranno inevitabilmente svenduti alla squadra di punta del fondo.

Oltre alle questioni sentimentali legate ai tifosi, non è impensabile muovere un’ accusa a questi fondi per concorrenza sleale, a causa dei movimenti interni di calciatori a cifre mirate che permettono di rientrare con facilità nei criteri finanziari dei diversi campionati, evitando sanzioni nonostante le ingenti spese.

CONCLUSIONI

Non è facile concludere dando un giudizio riguardo all’operato dei Big Funds, che da un lato regalano gioie e iniettano ingenti somme di denaro nel sistema calcistico, ma dall’altro sfruttano scorciatoie per evitare regolamentazioni e cancellano club storici dall’esistenza per promuovere il loro brand. Ciò che certamente possiamo affermare è che i risultati ci sono, il modello funziona e le autorità di sorveglianza in merito tacciono. Etico o no i grandi fondi si stanno prendendo il calcio e non sembrano intenzionati a fermarsi.


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